La celebre scrittrice italiana alla trentunesima edizione della Fiera del libro in Istria
“Caro Pier Paolo”: il dialogo intimo di Dacia Maraini con Pier Paolo Pasolini
Testo di Luisa SORBONE • Fotografie dall’archivio di Sa(n)jam knjige u Istri
A metà strada tra il memoir e l’epistolario, “Caro Pier Paolo” raccoglie trentasette lettere che Dacia Maraini rivolge idealmente all’amico Pier Paolo Pasolini. Pubblicato in Italia da Neri Pozza nella collana Bloom, nei primi mesi del 2022, è da poco uscito in versione croata per Disput, con la traduzione di Ita Kovač, nel cinquantenario della morte dello scrittore. L’autrice, applauditissima dal pubblico in sala, è stata protagonista della serata letteraria di giovedì 4 dicembre alla Fiera del libro in Istria-Sanjam knjige u Istri. L’incontro era condotto da Andrea Matošević, affiancato dalla traduttrice Erika Koporčić Sovilj.
Il libro non vuole essere il racconto di verità definitive, come ha precisato Maraini, piuttosto la rievocazione di memorie personali che aiutano a comprendere meglio chi era Pasolini. Una narrazione per molti tratti poetica, che mette insieme memoria e sogno, ricordo biografico, aneddoti e riflessioni.
Come nasce il libro
Una scelta narrativa, quella del dialogo, che ha consentito toni familiari e confidenziali. Potrebbe – chiedo – avere a che fare con il Giappone, Paese in cui Dacia Maraini ha vissuto e in cui i defunti sono presenze positive che accompagnano la vita? “Ho vissuto otto anni in Giappone – spiega – e sono stati anni importanti. Il rapporto che i giapponesi hanno con il mondo dei morti è molto vitale: pensiamo al teatro Noh, basato sul dialogo tra i vivi e i morti. Si, effettivamente ci può essere questa componente, anche se il libro è nato da un sogno. Ho sognato che Pier Paolo camminava sulla mia terrazza. Sono salita. Mi ha visto e mi ha detto “Voglio fare un film”. “Racconta” gli ho risposto. Stava iniziando a raccontare quando dietro di me ho avvertito delle voci, erano i suoi tecnici, che mi dicevano che era morto e che non avrebbe potuto fare nessun film. Per me era vivo. Ma è sparito. In genere i sogni si dimenticano, ma questo mi è rimasto molto impresso e mi ha fatto capire che avevamo cose da ricordare insieme. Da quel momento ho deciso che volevo parlare con lui”.
Pubblico e privato
Un rapporto umano e intellettuale complesso, quello tra l’autrice e lo scrittore. Un legame fatto di incontri, viaggi, conversazioni, ma anche di differenze nell’approccio alla realtà – lui comprendeva coi sensi, lei con la razionalità – e di rispettosi silenzi. Ne esce un Pasolini per molti versi inedito, la persona e non il personaggio, raccontato nella sua quotidianità: ironico, generoso con agli amici e dolce nel privato. Sullo sfondo, figure di intellettuali del Novecento che per la cultura italiana hanno rappresentato un mondo, come Elsa Morante, Dario Bellezza, Giorgio Bassani, Goffredo Parise, Natalia Ginzburg, ma anche Anna Magnani, Piera Degli Esposti, Marcello Mastroianni, Federico Fellini, Bernardo Bertolucci. Le pagine che descrivono i viaggi in Africa, frequenti durante il periodo natalizio insieme ad Alberto Moravia e Maria Callas, sono quelle centrali: non solo perché ci raccontano come in un film le immagini delle giornate e delle trasferte, ma soprattutto perché rivelano le dinamiche di grande empatia che si formavano all’interno del gruppo. Ad essere narrate sono le relazioni, gli aneddoti, i modi di essere.“Tra Callas e Pier Paolo – precisa l’autrice – c’è stato un rapporto di amore vero, anche se non erotico, lo stesso è stato con Silvana Mauri” (ndr: giornalista scrittrice, redattrice alla casa editrice Bompiani).
Pasolini profetico?
E accanto al ricordo non manca l’analisi. Maraini non si limita a rievocare, ma interroga Pasolini alla luce delle odierne vicende sociali e politiche: sulla crisi della cultura, sul conformismo consumistico, sul ruolo pubblico dell’intellettuale, chiedendosi a sua volta se certe intuizioni pasoliniane non siano oggi paradossalmente attuali. Il discorso cade inevitabilmente sull’attualità. Su alcuni quotidiani italiani, la scrittrice ha recentemente preso posizione nei confronti del proliferare dell’intelligenza artificiale e in generale sul mondo dei social. “L’intelligenza artificiale è uno strumento e come tale va utilizzato, come accade con l’energia atomica: si può uccidere o si può produrre energia. È uno strumento importante, pensiamo alle sue applicazioni in campo medico e scientifico, è una grande forza e non va demonizzato. Il pericolo è diventarne schiavi. Vado spesso nelle scuole, osservo che i ragazzi non leggono più, non vanno al cinema o a teatro, tutto si riduce ai social. Questo non va bene, è una dipendenza che svuota e che deresponsabilizza. Così i temi, i problemi di matematica o le ricerche non si fanno più usando la testa. Non ce l’ho con lo strumento ma con l’uso che se ne fa”.
Sempre a proposito di social, trovo tra le pagine Facebook un gruppo pubblico dal titolo “Dacia Maraini presidente della Repubblica”. E la domanda, come si suol dire, sorge spontanea. “Mi hanno proposto molte volte – risponde – di mettermi in politica, chiedendomi di essere assessore alla cultura a Venezia o a Palermo. Penso che ci voglia competenza per fare qualunque cose. La mia vita è fatta di letteratura, ho idee politiche ma non una competenza politica. Credo che sarei davvero negata. La politica attiva come meccanismo di rapporto tra le persone per me resta un mistero totale”.
Pasolini e il sacro
Ritorniamo al libro. E alle emozioni del racconto. C’è molta discrezione nel rivelare il non conosciuto dei risvolti umani e personali, anche nei dettagli. È un raccontare pervaso di stima e affetto, che non omette di soffermarsi sul profilo psicologico dell’amico e sulle sue fragilità. Persino sugli aspetti più intimi e profondi, a partire dal legame totalizzante con la madre, forse all’origine dell’impossibilità di avere un rapporto fisico con le donne amate, come Maria Callas e Silvana Mauri. “Purché il sesso rimanesse fuori dalla porta sacra del tuo corpo (…) la vicinanza femminile si trasformava, sotto il tuo sguardo allarmato, sempre e per impronta infantile, in un corpo materno”.
La morte di Pasolini, che ebbe un forte impatto sugli amici e che influì sulla percezione pubblica dell’intera opera pasoliniana, per l’autrice è una ferita ancora aperta.“Ti scrivo, caro Pier Paolo, perché non riesco a smettere di parlarti”. Un capitolo, quello dedicato alla morte, trattato con grande sensibilità, con delicatezza e anche con dolore.“Forse non sapremo mai come andarono le cose, ma non possiamo smettere di chiederlo”. Parole che non vogliono risolvere misteri o dare risposte, ma che rivelano lo smarrimento personale dell’autrice di fronte alla perdita di un amico che “sfidava la morte ma amava la vita” e che metteva fine ad un prezioso confronto intellettuale.
“Un eretico che non può esimersi dal dialogare con il sacro” lo hanno definito alcuni critici, forse riferendosi a Il Vangelo secondo Matteo, che resta uno dei suoi capolavori come regista. “Lui non era un cattolico credente – dice a questo riguardo l’autrice – ma aveva un grande rapporto con il sacro e con il mistero, con tutto ciò che va al di là della contingenza. Non ho fatto censure su questo argomento. Credo che in ogni persona esistano delle zone segrete, che non è necessario conoscere e che bisogna saper rispettare”.
Sono tanti, in questo libro, gli aspetti che affascinano i lettori e la critica. Tante le aperture interpretative offerte. “Vorrei coinvolgere i lettori nelle domande, non nelle risposte. Soprattutto vorrei che si leggesse di più su Pasolini e ci si focalizzasse meno sul personaggio. Lui è stato prima di tutto un poeta. Oggi “Pasolini martire” è diventato un elemento simbolico di cui molti si sono appropriati. D’altra parte il martirio fa parte della nostra sacralità”.
Dacia Maraini, classe 1936, è una delle firme più autorevoli della narrativa italiana. Figlia di un antropologo, dopo un’infanzia trascorsa in parte in Giappone durante la guerra, esordisce negli anni Sessanta come voce originale e indipendente della letteratura italiana.
Le sono stati assegnati alcuni dei premi letterari più prestigiosi del panorama italiano e internazionale: il “Premio Formentor” nel 1963 per L’età del malessere, il “Premio Fregene” nel 1985 per Isolina, il “Premio Campiello” e il “Libro dell’Anno” nel 1990 con La lunga vita di Marianna Ucrìa, fino al “Premio Strega”, vinto nel 1999 con BuioOggi Dacia Maraini resta una voce centrale del dibattito culturale italiano. Attenta al presente e testimone delle sfide e delle battaglie delle donne, continua a essere un punto di riferimento per tutte le generazioni.





