Se non capisci tua madre, è perché ti ha permesso di diventare una donna diversa da lei

Autori Italiani in croato: pubblicata da Hena Com la versione croata di “Quando tornerò”, di Marco Balzano

Testo di Luisa SORBONE

20.03.2023

È da alcu­ni gior­ni in libre­ria “Kad se vra­tim”, la ver­si­one in lin­gua cro­ata di “Quando tor­nerò”, roman­zo di Marco Balzano che in Italia ha ris­co­sso mol­to suc­ce­sso. Uscito per Einaudi nel 2021, è pub­bli­ca­to in Croazia dal­la casa edi­tri­ce Hena Com, con la tra­du­zi­one di Mirna Čubranić. Il libro è sta­to tra­dot­to gra­zie ad un con­tri­bu­to alla tra­du­zi­one del Ministero degli Affari Esteri e del­la Cooperazione Internazionale italiano.

Quando tor­nerò-Kad se vra­tim rac­con­ta di migra­zi­one e di rap­por­ti fami­li­ari inter­rot­ti, attra­ver­so lo sgu­ar­do e la voce dei suoi pro­ta­go­nis­ti: una madre e i suoi figli. Una sto­ria di gran­de attu­alità, che ci aiuta a com­pren­de­re le ragi­oni e le impli­ca­zi­oni, pro­fon­de e dolo­ro­se, di chi vede nell’emigrare altro­ve la solu­zi­one migli­ore. Una sto­ria che diven­ta emble­ma­ti­ca, nel suo rap­pre­sen­ta­re una con­di­zi­one fem­mi­ni­le che par­reb­be des­ti­na­ta all’invisibilità.

Daniela è una don­na del­l’est che deci­de di las­ci­are la fami­glia per emi­gra­re in occi­den­te, il “ric­co occi­den­te”, in cer­ca di lavo­ro. Perché vive­re in un pic­co­lo vil­lag­gio tra la Romania e la Moldavia non offre mol­te pros­pet­ti­ve per il futu­ro, soprat­tut­to per quel­lo dei figli. Non c’è lavo­ro, i sol­di sono poc­hi. E allo­ra il lavo­ro si va a pren­de­re dove c’è, come badan­te, col­la­bo­ra­tri­ce domes­ti­ca o baby-sitter.

È così che Daniela, un mat­ti­no di buon’o­ra, se ne va. Senza dire nul­la a nessu­no fug­ge dal­la sua casa “come una ladra”, per rag­gi­un­ge­re l’Italia. E a Milano tro­va lavoro.

Nei pri­mi tem­pi tut­to sem­bra fun­zi­ona­re: l’equ­ili­brio del­la fami­glia reg­ge, arri­va­no i sol­di dall’Italia, i rega­li, le pro­me­sse. Ma dopo un po’ la scel­ta fat­ta si rive­la pesan­te per tut­ti. Per Daniela non è faci­le “tene­re tut­to insi­eme”: la fuga come atto d’ amo­re e gene­ro­sità, la nos­tal­gia, la lon­ta­nan­za for­za­ta. Il sen­so di col­pa. Anche per una don­na corag­gi­osa e deter­mi­na­ta come lei è sem­pre in aggu­ato il pen­si­ero di aver abban­do­na­to la fami­glia per anda­re in un altro­ve, a pren­der­si cura di altri esse­ri umani.

E i figli, Manuel e Angelica, che i soci­olo­gi defi­ni­reb­be­ro “left behind”, non posso­no fare altro che atten­de­re. Incapaci di com­pren­de­re il sig­ni­fi­ca­to del­la deci­si­one mater­na si ritro­va­no a fare i con­ti con la rab­bia e il sen­so di abbandono.

Sarà un avve­ni­men­to dram­ma­ti­co ad accos­ta­re in nuove for­me i pezzi di un mosa­ico fami­li­are dive­nu­to trop­po con­fu­so, con un esi­to tut­t’al­tro che scon­ta­to che las­cia al let­to­re doman­de impor­tan­ti. Come quel­la che Daniela farà a se ste­ssa una vol­ta ritor­na­ta in Romania: «Una madre che è sta­ta tan­to tem­po lon­ta­na può anco­ra dir­si madre?»

Una sto­ria pri­ma di rac­con­tar­la bisog­na saper­la ascol­ta­re, ha affer­ma­to nel cor­so di un incon­tro. Anche per la ste­su­ra di ques­to roman­zo ha ascol­ta­to la sto­ria di don­ne come Daniela?

- Con quel­la fra­se inten­do dire che non si può ave­re la pre­sun­zi­one di far­si bas­ta­re la fan­ta­sia e lo stu­dio: se una sto­ria è incar­na­ta in un uomo o in una don­na che esis­to­no, bisog­na anda­re ad ascol­tar­li. È il modo migli­ore per res­ti­tu­ire la vita, i sen­ti­men­ti, lo sgu­ar­do, la voce. Tutto ciò vale par­ti­co­lar­men­te per ques­to libro: ho inter­vis­ta­to mol­te don­ne che svol­go­no un lavo­ro di cura: badan­ti, infer­mi­eri, colf, baby sit­ter… Il lavo­ro di cura ha del­le dina­mic­he unic­he, bas­ti pen­sa­re che il luogo di lavo­ro e di abi­ta­zi­one coin­ci­do­no, che è un impi­ego h24, e via dicen­do… A me inte­re­ssa­va res­ti­tu­ire il corag­gio di ques­te don­ne, vere pro­ta­go­nis­te dell’emigrazione eco­no­mi­ca con­tem­po­ra­nea, ma anc­he la loro soli­tu­di­ne e la loro emancipazione.

Quanto è sta­to per lei impor­tan­te, sot­to il pro­fi­lo eti­co e let­te­ra­rio, rac­con­ta­re una sto­ria come questa?

- Parliamo di emi­gra­zi­one in mani­era mol­to appro­ssi­ma­ti­va e ques­to crea luog­hi comu­ni che in fret­ta apro­no le por­te al popu­li­smo e, a vol­te, anc­he al razzi­smo. Si par­la di emi­gra­zi­one come fosse anco­ra, prin­ci­pal­men­te, una ques­ti­one mas­c­hi­le. Non è più così da trent’anni. L’Occidente non ha più mol­to bisog­no di brac­cia mas­c­hi­li, ma di assis­ten­za agli affet­ti, di cura dei più fra­gi­li. Senza ques­te don­ne la soci­età non sos­ti­ene i suoi rit­mi di pro­du­zi­one e di rela­zi­one. Non è una ques­ti­one mora­le, ma pra­ti­ca. E sic­co­me final­men­te si par­la a voce più alta e for­te di pari oppor­tu­nità e di dirit­ti del­le don­ne, mi piace­va e rite­ne­vo urgen­te rac­con­ta­re una sto­ria fami­li­are ci corag­gio fem­mi­ni­le. Queste don­ne cre­ano pon­ti, per­met­to­no ai pro­pri figli di ave­re la ste­ssa vita dei nos­tri figli, ma a che pre­zzo? Spesso la vita tras­cor­re in un’eterna dis­tan­za e in una cos­tan­te atte­sa di un ritor­no e di un ricon­gi­un­gi­men­to che non arri­va­no. È una sto­ria di res­ti­tu­zi­one, se posso dire così.

Come ha accol­to la noti­zia del­la tra­du­zi­one del libro e del­la sua dif­fu­si­one in Croazia?

- La Croazia mi ricor­da diver­se vacan­ze con gli ami­ci, i miei figli e un bel­li­ssi­mo viag­gio che dall’Istria mi ha por­ta­to fino in Albania. È un ter­ri­to­rio impor­tan­te e sem­pre più viva­ce cul­tu­ral­men­te. Sono sta­to feli­ce e spe­ro ci sia occa­si­one di incon­tra­re i let­to­ri cro­ati. Un libro, in fon­do, ser­ve anc­he a incon­tra­re nuove per­so­ne e per me una tra­du­zi­one all’estero vale più di qual­si­asi pre­mio per­c­hé mi met­te davan­ti alla magia del­le mie paro­le che diven­ta­no un’altra lin­gua, a vol­te per­si­no un altro alfa­be­to, ed è bel­lo veder­le tra­sfor­mar­si e anda­re lontano.

Marco Balzano è nato a Milano nel 1978 e qui lavo­ra come docen­te di let­te­re e di scrit­tu­ra. Con Sellerio ha pub­bli­ca­to i roman­zi “Il figlio del figlio” (Premio Corrado Alvaro Opera pri­ma), “Pronti a tut­te le par­ten­ze” (Premio Flaiano) e “L’ultimo arri­va­to” (Premio Campiello). Per Einaudi ha pub­bli­ca­to Resto qui (2018 e 2020) che ha vin­to, tra gli altri, il Premio let­te­ra­rio Elba, il Premio Bagutta, il Premio Mario Rigoni Stern ed è sta­to fina­lis­ta al Premio Strega; in Francia ha con­se­gu­ito il Prix Méditerranée, men­tre in Germania ha sca­la­to rapi­da­men­te la cla­ssi­fi­ca dei libri più ven­du­ti. Per Einaudi ha inol­tre pub­bli­ca­to “Le paro­le sono impor­tan­ti” (2019), e nel 2021, sem­pre per Einaudi, esce il suo quin­to roman­zo “Quando tor­nerò”. Nel 2022 esco­no per Einaudi la rac­col­ta di poesie “Nature uma­ne” e “Cosa c’en­tra la feli­cità? Una paro­la e quat­tro sto­rie” per Feltrinelli.

Collabora con le pagi­ne cul­tu­ra­li del Corriere del­la Sera e inseg­na scrit­tu­ra alla Scuola Belleville di Milano. I suoi libri sono a oggi tra­dot­ti in mol­ti Paesi.