A colloquio con Tanino Liberatore: Ranxerox, un cyborg oltreconfine
Testo e fotografije di Luisa SORBONE
Tanino Liberatore è una delle figure più interessanti nel panorama italiano della letteratura del fumetto. Artista indipendente e lontano dalle convenzioni, secondo ospite italiano della Fiera del libro, si è presentato al pubblico martedì 3 dicembre in dialogo con Andrea Matošević affiancato dalla traduttrice Iva Grgić Maroević. Lo stesso giorno, alle 21, presso la Galleria Civica di Pola, l’inaugurazione della mostra che raccoglie alcune delle opere più rappresentative del suo percorso artistico.
Gli inizi come illustratore delle copertine di dischi per la RCA, dal ’75 al ’78, per rendersi economicamente indipendente. Qualche pubblicità. Poi la svolta decisiva grazie all’incontro a Roma con Stefano Tamburini, scrittore e sceneggiatore. Dalla collaborazione con Tamburini e Andrea Pazienza nasce “Ranxerox”, accolta come una delle graphic novel più significative degli anni ’80. La serie, debutta nel 1983 sulla rivista “Frigidaire”, uno dei periodici italiani innovativi di cultura underground. Il personaggio di Ranxerox è un cyborg nato dall’assemblaggio dei pezzi di una fotocopiatrice, appunto Ranx Xerox. Tratteggiato con un segno grafico fatto di movimento e di un realismo anatomico che richiama la pittura cinquecentesca di Michelangelo, diventa immediatamente icona di un movimento culturale di quegli anni.
Tanino, nella genesi del personaggio Ranxerox quanto c’è di istintivo e quanto di voluto?
Era lo specchio di tutto ciò che Stefano ed io vivevamo a Roma quotidianamente, usciva dal vissuto non era voluto nel senso di deciso “a tavolino”. Al tempo stesso era un momento di divertimento, aspetto fondamentale per creare cose buone.
Rispetto al primo Ranxerox, quello ideato da Stefano Tamburini, il tuo personaggio ha assunto delle caratteristiche estetiche un po’ diverse. Come è cambiato?
Il primo Ranxerox era in bianco e nero, su una carta non eccezionale, ed era uscito su una rivista che si chiamava “Cannibale”, una fanzine evoluta. Quando poi si è pensato di fare “Frigidaire”, una rivista a colori, molto più glamour con contenuti innovativi sociali, artistici e satirici a cui collaboravano artisti italiani internazionali, Stefano, che era una persona molto intelligente ed era alla base della rivista e del personaggio, ha creduto opportuno trovare qualcuno che sapesse disegnare meglio di lui e usare il colore. Ha chiesto a me – già collaboravamo – ed è stato facilissimo continuare con Ranxerox.
Non è sempre facile il rapporto tra personaggi dotati di talento. Come è andata con Tamburini e Pazienza?
Bene. Andrea Pazienza ed io lavoravamo per la stessa rivista ma ognuno faceva il suo lavoro. È stato lui a introdurmi agli altri, si è creata un’intesa naturale. Con Stefano (Tamburini) non c’è mai stato un diverbio, forse a volte delle incomprensioni dovute al fatto che la stampa francese continuava ad attribuirmi la paternità di Ranxerox. Era come se volessi prendermi io tutto il merito. Io replicavo sempre che, anziché il padre, ero tutt’al più lo zio del personaggio. Ma su questo ci siamo chiariti e poi lui è mancato giovanissimo.
Ranxerox è apparso per la prima volta su “Cannibale”, un fanzine indipendente. Poi su “Il Male” e successivamente su “Frigidaire”. Quanto di politico c’era nel personaggio?
Di politico c’era la politica dei tempi. In quelle testate lavoravano persone provenienti dall’estrema sinistra ma nessuno di loro pensava di rappresentare un partito. L’obiettivo era quello di divertirsi e dare schiaffi in faccia alla politica di quei tempi. “Frigidaire” era nata per parlare di cose di cui gli altri non parlavano, tanto che aveva come slogan “il superfluo indispensabile”. È stata la prima rivista in Europa a parlare di AIDS. La formula era buona ma non c’erano le condizioni per garantire una buona qualità di uscite mensili, soprattutto nel fumetto.
Si può sostenere che Ranxerox si identifica con un genere di espressione artistica estranea a condizionamenti ideologici e che di fatto era trasversale a ogni tipo di corrente politica?
Si, quando l’ho saputo mi sono meravigliato. Ma nemmeno quelli de “Il Male” avevano più questa retorica, eravamo tutti disgustati da tutto.
Ranxerox sta per essere pubblicato in Corea. Quali sono gli aspetti di modernità che lo rendono ancora oggi interessante?
La Corea è una via di mezzo tra l’Occidente e il Giappone. Non so esattamente quali siano le motivazioni, lascio il lavoro ai critici. Posso dire che Ranxerox è nato in un’epoca che, in qualche modo, si sta ricostruendo ai giorni nostri. Un giovane che lo legge oggi non lo trova poi così vecchio, forse l’unica cosa che manca nel fumetto è il telefono cellulare perché a quei tempi ancora non esisteva, il massimo della modernità era rappresentata dal fax. È ciò che rappresenta che lo rende attuale, i problemi sociali si stanno ripresentando come succede ciclicamente. Quindi, alla fine, è il fatto che ci troviamo in un sistema un po’ repressivo a renderlo così attuale.
Entrando nel merito delle caratteristiche del personaggio, Ranxerox è stato definito da alcuni critici “un coatto cibernetico più umano dell’umano”. In cosa consiste la sua umanità?
Rappresenta l’uomo, ha sentimenti umani, ma essendo un robot è programmabile. Il personaggio più duro del fumetto non è lui, ma è la piccola Lubna.
A proposito di Lubna, oggi non sarebbe possibile una figura come la sua, sarebbe censurata.
È vero. Ma a quell’epoca tra le critiche che il fumetto ha ricevuto, poche a dire il vero, c’erano quelle sulla violenza, sulla droga, ma mai sul sospetto di possibile pedofilia. Lubna non veniva percepita come una cosa malsana dalla società di allora, anche perché era lei a comandare e a fare cose assurde agli altri. No, oggi non lo potremmo pubblicare.
Chi è oggi Tanino Liberatore?
È un disegnatore. Al limite un fotografo, ma non un regista. Il fumetto ha rappresentato una parentesi, che, ammetto, ha avuto un grande successo, non è mai stato la forma di espressione a me congeniale. Ho fatto tre Ranxerox, una raccolta di storie brevi e poi Lucy nel 2007, ma è il disegno il mio linguaggio naturale. Cosa penso del mondo dell’arte odierno? Sono diventato piuttosto reazionario, spesso disgustato da molte cose che vedo in giro, soprattutto dalle installazioni: sono delle scenografie non sono quadri. Il mio mondo è ancora quello legato al Rinascimento italiano.























